Sin dall’antichità, l’uomo aveva compreso l’utilità di addomesticare gli animali, ma solo all’inizio del XX secolo, si rende conto di quanto la vicinanza con questi possa sortire effetti positivi e terapeutici nella cura della psiche umana ed in alcune patologie fisiche.
Tale interesse è progressivamente cresciuto sino ad acquisire un vero e proprio valore scientifico quando, negli anni ’60, lo psichiatra infantile Boris Levinson nota gli effetti positivi della presenza del suo volpino nelle sedute con i suoi piccoli pazienti, coniando così il termine pet-therapy.
Molto tempo è passato da allora, e sempre di più sono i contesti terapeutici, educativi e benefici in cui il rapporto diretto con gli animali da compagnia è stato dimostrato essere un fattore facilitante al raggiungimento degli obiettivi proprio perché, tra uomo ed animale, si instaura una sintonia complessa e delicata che stimola l’attivazione emozionale e favorisce l’apertura a nuove esperienze, a nuovi modi di comunicare.
Interagire con un animale, accarezzarlo o semplicemente godere della sua presenza silenziosa spinge il nostro corpo a rilasciare un cocktail composto da ossitocina, prolattina e serotonina. Questi ormoni, secondo quanto evidenziato da una ricerca condotta da UCLA, possono aiutarci a preservare la nostra salute mentale e a combattere lo stress.
Recenti studi hanno evidenziato che anche nei luoghi di lavoro, gli animali da compagnia, lungi dall’essere una fonte di distrazione, riducono l’ansia, abbassando la pressione sanguigna, la glicemia e il battito cardiaco, aumentando i livelli di cortisolo ed endorfine, ormoni del benessere. Tutto questo si traduce, all’interno delle aziende diventate pet-friendly, indipendenti più concentrati e motivati, maggiormente dediti al lavoro rispetto alla norma, con un aumento generale nell’attaccamento verso la propria professione e attenzione nel fissarsi degli obiettivi. Ciò conferma quali e quanti benefici potrebbero avere le aziende se diventassero pet-friendly.
Giovanni Baravelli