Idolatrato, odiato, amato e invidiato da pontefici e regnanti, raro esempio di genio riconosciuto e apprezzato universalmente, Michelangelo Buonarroti non assaporò mai questi onori, fu sempre tormentato e scontento della sua esistenza. Era un uomo misantropo, avaro, irascibile e ossessionato, tanto che diversi studiosi propendono all’idea che la sua mente pensasse in maniera diversa rispetto al mondo comune, ipotesi che porterebbe a pensare che potesse avere la Sindrome di Asperger.
In effetti Michelangelo era ossessionato dal suo lavoro e dalla ricerca della perfezione artistica, ricerca che portava anche a ripensamenti estremi come successe alla “Pietà Bandini”, che arrivò a distruggere completamente a furia di martellate.
Altro sintomo caratteristico dell’Asperger è la difficoltà relazionale. Michelangelo era permaloso, diffidente, spesso litigava con i committenti, anche se si trattava del Papa, e non amava essere contraddetto, sapendo essere vendicativo a suo modo. Basti pensare al cerimoniere del papa, dipinto nel “Giudizio universale” sotto forma di Minosse con le orecchie d’asino solo perché aveva criticato le sue figure nude.
Condusse una vita molto solitaria. Non si sposò mai e non ebbe figli, sosteneva che sua moglie era l’arte che lo faceva tribolare, e le sue opere erano i suoi figlioli. Sul lavoro non amava circondarsi di collaboratori perché non si fidava di nessuno, aveva paura di essere imbrogliato e preferiva svolgere ogni cosa da solo.
Raffaello, nel dipinto della “Scuola di Atene” nei Musei Vaticani, raffigura Michelangelo proprio come se volesse racchiudere tutte le caratteristiche descritte prima, dipingendolo come un uomo solo col suo blocco di marmo, pensieroso, corrucciato e afflitto da un forte tormento. Questo tormento probabilmente lo affliggeva più di quanto possiamo immaginare e la sua profonda fede in Dio lo faceva oscillare continuamente tra il senso di colpa e la ricerca di redenzione.
Costanza Barbiroli