Il contratto a canone concordato, stipulabile solo in comuni ad alta densità abitativa, è una tipologia alternativa al classico contratto di locazione in forma libera.
La legge n. 431/1998, che regola questa tipologia di contratto, stabilisce che il costo della locazione sia calcolato secondo quanto previsto dagli accordi locali delle organizzazioni della proprietà edilizia e delle organizzazioni dei proprietari e degli inquilini. Sulla base di tali accordi viene individuato per ciascuna zona Comunale un valore minimo ed un valore massimo del canone di affitto applicabile.
In poche parole, il proprietario dell’immobile non potrà scegliere liberamente il prezzo del canone, ma dovrà calcolarlo tramite specifici valori.
Il calcolo effettuato, che dovrà tenere conto, tra le altre cose, della zona in cui è situato l’immobile, della superficie calpestabile e degli elementi accessori di cui è dotato (es. balcone, ascensore ecc.), dovrà essere asseverato da una delle associazioni rappresentative di categoria.
Tra le caratteristiche c’è anche la durata: i contratti a canone concordato prevedono la formula 3+2, ovvero una durata minima di 3 anni più altri due di rinnovo automatico.
A livello fiscale, tale contratto prevede dei benefici sia per il proprietario che per l’inquilino, tra cui la possibilità di applicazione della cedolare secca con una percentuale pari al 10% anziché 21% come previsto per il canone libero. Quest’ultima è soltanto una delle agevolazioni previste. Nel caso in cui il proprietario non scegliesse di aderire al regime della cedolare secca, è prevista una riduzione del 30% della base imponibile Irpef e, in ambedue i casi, le agevolazioni fiscali riguardano anche l’IMU e la TASI.
Luca Izzinosa