Uno stile incompiuto e addirittura rozzo, edifici definiti divertenti e scultoreamente eccitanti, coerenti con il movimento artistico “funk” californiano degli anni ’60 e primi anni ’70, racchiudono lo stile decostruttivista di Ghery, precursore del movimento stesso che aveva come caratteristiche il de-formare, la mancanza di geometria, la scomposizione delle linee e dei volumi, l’apparente assenza di armonia, di continuità o di simmetria, termine che deriva dalla combinazione di costruttivismo e decostruzione.
Frank Owen Ghery è un architetto e designer americano nato in Canada nel 1929. Molti dei suoi edifici, inclusa la sua residenza a Santa Monica, California, sono diventati attrazioni di fama mondiale. Le sue opere sono considerate tra le più importanti dell’architettura contemporanea ed è stato definito “l’apostolo delle recinzioni a maglie di catena e dei rivestimenti in metallo ondulato” nonostante sia un sofisticato artista classico.
Nonostante progettazioni precedenti, il primo edificio simbolo della sua progettazione decostruttivista è stato il Guggenheim Museum di Bilbao, inaugurato nel 1997: interamente rivestito in vetro, piastre in titanio disposte a scaglie scelte per sostituire rame e piombo (che alleggerisce la struttura) con una forma trapuntata, e pietra calcarea, tutto per resistere al vento e alle vibrazioni durante i temporali.
Visto l’enorme successo del Guggenheim, le città cominciarono a rivitalizzarsi economicamente e culturalmente attraverso un’architettura iconica e innovativa che fu chiamata dai critici “effetto Bilbao”; molti colleghi provarono ad imitarlo in altri progetti, senza però riscuotere lo stesso successo.
Ghery, oltre architetto, è stato un progettista di mostre, uno scenografo di teatro, un professore nelle più alte università americane, designer di mobili per Knoll e Heller Furniture e di gioielli per Tiffany & Co.
Costanza Barbiroli