Vivere in condominio ha indubbiamente molti lati positivi: è quasi sempre all’interno di una città, dove si possono trovare negozi e servizi, i costi di manutenzione degli immobili sono suddivisi tra più persone e conseguentemente meno onerosi e la sicurezza è certamente superiore a quella che si potrebbe avere vivendo isolati.
Esiste però il rovescio della medaglia rappresentato da condòmini poco educati, poco rispettosi delle cose comuni chiassosi e a volte “cuochi” di alimenti quasi sempre maleodoranti.
Musica ad alto volume a tutte le ore, strumenti musicali suonati senza alcun accorgimento, rumore incessante di tacchi, pianerottoli occupati da piantine, il più delle volte morenti, biciclette ed altre masserizie.
Inutile dire che i sopradescritti comportamenti risultano ai più difficili da sopportare, ma ahimè è altrettanto difficile individuare una soluzione al problema.
Il motivo sta nel fatto che non sempre è possibile riuscire a dimostrare l’altrui prepotenza o non sempre i fatti descritti sono espressamente vietati, oltre al fatto che inasprire i rapporti con il proprio confinante spesso vuol dire accentuare questi contrasti e renderli quasi irrisolvibili.
Lungi dal voler ritenere giustificabili comportamenti intollerabili, va comunque detto che non è da escludersi, ove possibile, che la ricerca di un accordo bonario di reciproca concessione possa favorire la civile convivenza.
C’è in ogni caso una norma di carattere generale sancita dall’art. 844 c.c. che regola le conseguenze per il caso d’immissioni, vietando quelle considerate intollerabili ossia quelle che impediscono una adeguata fruizione della proprietà.
Chi si sente danneggiato da simili comportamenti, quindi, prima d’ogni cosa dovrà individuare una norma che li sanziona e poi valutare se in relazione a quella regola il loro caso è annoverabile tra quelli punibili.
Solo dopo aver effettuato questa operazione si potrà decidere l’azione e con chi esperirla.
Giovanni Baravelli Sabena
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