Prima degli anni novanta chiamare i soccorsi per un’emergenza sanitaria non era cosa semplice. Bisognava trovare un telefono, conoscere il numero e, per la mancanza di coordinamento, vi era l’incognita di quanti e se sarebbero arrivati.
L’intervento si limitava al trasporto nell’ospedale più vicino, non sempre il più attrezzato per la specifica urgenza. Le ambulanze erano furgoni dotati solo di barella, per questo spesso il trasporto era effettuato da privati che sventolavano un fazzoletto bianco fuori dal finestrino per chiedere la precedenza agli altri automobilisti.
La culla italiana della nuova cultura del soccorso fu la città di Bologna, dove sul finire degli anni sessanta, nacque un Centro di Pronto Intervento Sanitario voluto dal Prof. Vittorio Sabena ed istituito presso il nuovo Ospedale Maggiore. Il servizio, in occasione del disastro di Murazze del 1978, intervenne con successo con il ruolo di coordinamento dei soccorsi sanitari, organizzando lo smistamento dei feriti agli ospedali.
Il CePIS successivamente si strutturò e venne costituito un sistema operativo all’avanguardia, presso l’Ospedale Maggiore di Bologna, composto da più linee telefoniche, un impianto radio in collegamento con le ambulanze e un elaboratore elettronico connesso ai diversi ospedali cittadini con la situazione dei posti letto dei vari reparti.
Nel 1979 la direzione organizzativa del CePIS venne affidata a Marco Vigna, che in collaborazione con la Direzione Sanitaria dell’Ospedale Maggiore diede inizio ad una vera rivoluzione che portò nel 1990, in occasione del Campionato del Mondo di calcio che si giocava in Italia, Bologna ad una ulteriore modernizzazione dell’emergenza sanitaria. Sulla base di un contratto tra l’azienda telefonica Sip e il Ministero della Sanità, venne attivato a Bologna il 118 come numero unico per le emergenze sanitarie.
Giovanni Baravelli Sabena